Maschilizzazione del linguaggio
(precedente)
Maschilizzazione del lessicoSenza parole, non c’è ragionamento. Senza confronto critico, non c'è crescita.Stefi Pastori Gloss
Già per la compilazione di quello che sarebbe diventato nel 2013 il saggio CORPI RIBELLI, Gloss ragionò sul linguaggio mediatico durante più sessioni con avvocate di genere, avvocate divorziste, psicologhe di centri antiviolenza, criminologi clinici (per il recupero sociale di stalker/stupratori/manipolatori seriali), insomma con professionisti e professioniste della tutela di donne maltrattate, prendendo spunto dalla maschilizzazione del lessico (la parola avvocatO e consiglierE che una donna avvocatA e una consiglierA scelgono per sé stesse) come se le donne non possano essere credibili nello svolgere tali professioni proprio per il fatto stesso di essere donne. O come per appropriarsi di un presunto plusvalore derivante dall’essere uomo.
Gli uomini valgono più delle donne?
Le tante donne impegnate nel mondo civile che si sono distinte in modo meritorio fino a raggiungere un premio Nobel, come Shirin ʿEbādi, avvocata, ma anche braccianti agricole, insegnanti, pacifiste, letterate, economiste, attiviste, mediche, scienziate, suore, diplomatiche, tra cui Wangari Maathai, Jane Addams, Ellen Johnson Sirleaf, Emily Greene Balch, Leymah Gbowee, Betty Williams, Mairead Corrigan, Madre Teresa, Tawakkul Karman, Aung San Suu Kyi, Alva Reimer Myrdal, Rigoberta Menchú Tum, Jody Williams, Elinor Ostrom, testimoniano che il fatto stesso di essere uomini non è sinonimo di maggior valore. Dunque, no, non è automaticamente comprovato che gli uomini, per il fatto stesso di esserlo, valgono più delle donne.
Suonano male
Gloss intervistò nei primi anni 10 del 2000 alcune Docenti dei poli universitari
milanesi*, come Chiara Volpato**, Barbara Mapelli*** e altre che lottano contro la
discriminazione tra donne e uomini che già da anni utilizzavano appellativi
provocatoriamente virati al femminile, come Direttora, Avvocata, Consigliera,
Professora, Presidenta, Rettora, Pedagoga. Con altrettanta provocazione dell’uso
di un maiuscolo come iniziale, perché erano convinte che sì, la maschilizzazione
del linguaggio non solo impedisce il riconoscimento del merito professionale
alle donne, ma persino ammette l’uso della violenza su di loro. La violenza
sulle donne può dipendere anche dal linguaggio. Anche se “suonano male”, Gloss
nei suoi convegni ricorda che erano disfide atte a rendere consapevoli le
persone della discriminazione di genere. Tra queste, ossequiosamente si permise
di aggiungere Autora e Scrittora, nonché Debitora, al modesto scopo di porre
freno all’ipotesi dell’utilizzo del linguaggio quanto strumento psicologico di
violenza contro le donne. Le parole possono lenire l'anima, ma possono essere
anche coltelli. In più, la lingua italiana è spada affilata se usata con
proprietà e destrezza. Viceversa, svela l'impotenza.
Sosteniamo la cultura perché ci rende liberi.
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Note:
*Tutte le Docenti dei poli universitari milanesi citate e la Gloss stessa lottano quotidianamente ispirandosi alla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne CEDAW, 1979 il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. (ultimo accesso: 31 luglio 2024)
**Chiara Volpato, Senior di Ateneo, settore scientifico disciplinare: Psicologia Sociale. (ultimo accesso: 31 luglio 2024)
***Barbara Mapelli, Pedagoga delle differenze di genere, Facoltà di Scienze della Formazione, ora Vicepresidenta della Libera Università delle donne. (ultimo accesso: 31 luglio 2024)
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