PAGARE PER LAVORARE

Che è successo in quest’anno tra il 2023 e il 2024 di rilevante per la vita di noi scribacchini? È appena iniziato l’inverno e sta già per arrivare la primavera. E mentre noi ci accontentavamo di seguire i capricci del clima passando repentinamente da piumotti a costumi da bagno e viceversa, oggi di tirare fuori dall’armadio il trench, in Francia i netturbini non hanno raccolto la spazzatura nei quartieri borghesi e pulivano solo quelli popolari per protestare contro la riforma delle pensioni. Carlà Brunì se l’è segnata al dito: Quelqu’un m’a dit que la monnezza sott cas a me nooonnnn. Nel frattempo, tre milioni e mezzo di francesi sono scesi in piazza per dire NO alla riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron, che innalza l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Un approfondimento sul perché in Francia lo strumento sciopero sia così importante lo si trova in calce. Sessantaquattro anni. Ripeto: Sessantaquattro anni. Per noi le priorità sono altre, tipo l’esordio dell’armocromia di Elly Pop, il ponte sullo stretto di Messina (è tornato il plastico da Bruno Vespa), i 90 anni di Tinto Brass, le ascelle pelose della figlia di MDNA. Poi c’è Giorgia, la presidente del Consiglio. Ops, il presidente. All’inizio ci fu un movimento femminista a lei favorevole, per il solo motivo che è donna. Se è donna, sarà dalla parte delle donne. No. Lei è IL presidente. Infatti arriva l’ossessione dei figli. Ci fosse una donna intenzionata a esercitare il proprio diritto all’IVG, pagato dai cittadini con anni di lotte, confronti a colpi di referendum, andrebbe costretta ad ascoltare il battito cardiaco del feto/bimbo, a seconda da che parte si sta. Anche quella della gestazione per altri (GPA): la commissione Giustizia della Camera da marzo 2023 sta esaminando una proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ops, del presidente. Infatti la proposta vuole rendere la GPA un reato perseguibile in Italia anche se commesso all’estero. Introducendo per la prima volta il “reato universale”. Ovviamente in giurisprudenza non esiste, ma tutto si può fare. Tranne, pare, aumentare gli stipendi. Di chiunque, figuriamoci l’idea dello stipendio minimo. Abbiamo paghe da fame: mentre in Francia in questi ultimi trent’anni le retribuzioni sono aumentate del 31%, il nostro è l’unico tra i Paesi Ocse ad avere registrato un aumento in negativo della variazione dei salari: -2,9% tra il 1990 e il 2020. Un quarto dei lavoratori è a rischio povertà: un esercito di 5 milioni e ottocentomila tra precari, immigrati, part time, giovani e ovviamente donne. Non scendono in piazza. Probabilmente perché stanno lavorando, schiacciate da bollette, spese e affitti adeguati, sì: all’inflazione. Quindi, verso l'alto. Il 30% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di 12 mila euro lordi l’anno secondo il Forum Disuguaglianze e Diversità. Sono andata a leggermi i loro report: mi è venuta la depressione. Perché il mercato del lavoro è ancora il luogo dove si forma la maggior parte delle disuguaglianze anche a causa della ridotta (per usare un eufemismo) forza contrattuale dei sindacati. Eppure quando è indetta un’assemblea sindacale a scuola e relativo sciopero, le mie colleghe e colleghi non vanno all’assemblea e non scioperano. Sai quanto mi costa uno sciopero? Una giornata di paga. E con le paghe che abbiamo, non è il caso di scioperare. Falsi part time, part time involontari, lavoratori autonomi che invece sono subordinati. La riduzione dei lavoratori autonomi sul totale dei lavoratori prosegue quasi ininterrotta dal 2004 per la forte caduta degli artigiani e dei piccoli commercianti, in controtendenza però con l’aumento del lavoro autonomo intellettuale. Ossia i nuovi poveri. Giornalisti, autori e autrici, scrittori, social media manager, copywriter, editor, sfruttati gratis “per visibilità” o mal retribuiti che appartengono alla novecentesca aurea elitaria del settore culturale che di elitario ormai non ha più niente, tanto meno i compensi. Anche perché non ne hanno. Provate a fare gli scrittori, poi mi dite cosa dovete PAGARE per scrivere un libro. Perché scrivere è un lavoro non retribuito, ma è LAVORO. Leggi qui se sei un aspirante scrittore, così metti via l'idea. Il settore del libro muove miliardi di fatturato e nel 2019 interessava 1706 case editrici solo in Italia. (Qualche dato in difetto su ISTAT in calce. In difetto, perché autori ed editori sono in aumento costante). È la prima industria culturale del Paese e la quarta in Europa. Poi trovi però grafici che fanno gli editor, editor pagati pochissimo, uffici stampa (esistono????) che si reggono su stagisti, tour di presentazione dei libri a spese di autori o librerie. Librerie che si ciucciano il 40 per cento dei guadagni dell’editore. Distributori cui l'editore dà il 60% del prezzo di copertina o non glielo distribuiscono. Editori costretti a pagare visibilità dei libri al libraio se li vuole esposti ad altezza occhi. Cosa resta in tasca all’autore? Gli esordienti che dovrebbero essere sostenuti e aiutati, supportati economicamente perché all’inizio della loro carriera, vengono schiacciati da un meccanismo atroce che sottopaga e sfrutta con il ricatto della pubblicazione. A cui si aggiunge successivamente il ricatto della pubblicazione legata esclusivamente all'andamento delle vendite. Hai venduto? Ti ripubblico. Non hai venduto abbastanza? Marcisci nel macero. E quindi l'autore “corre e va”, un Jeeg d'acciao che va ovunque per presentare i suoi libri, per farli conoscere e per farsi conoscere. Cerca di crearsi un suo pubblico ed è scontato che tutto questo lavoro lo faccia gratis. Nel frattempo passano i mesi e deve pagarsi l’affitto e le bollette. Interi Festival e rassegne letterarie che prendono migliaia di euro dagli sponsor e si reggono così, sul lavoro gratuito degli ospiti e degli speaker in cambio della famosa "visibilità" (never ending story, cantavano e filmeggiavano negli anni Novanta). Finirà che scriveranno solo i ricchi o i pochi autori già famosi e pagati 200 mila euro a libro. Mentre tutti gli altri e altre continueranno a essere sfruttati come lo sono ora. Chissà, chissà quando ne parleremo seriamente. Perché tutto il mondo ha bisogno di una grande scossa, per citare Silvia Federici, e nonostante secoli di lotte, lo sfruttamento continua a esistere; solo la forma è cambiata. Il vero “reato universale” sono le nostre paghe da fame. Sosteniamo la cultura perché ci rende liberi

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