Jean Désiré Gustave Courbet, Artista ribelle
(precendente)
«Ho cinquant'anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me: Non ha fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l'unica cosa a cui è appartenuto è stata la libertà.» Gustave CourbetGustave Courbet è conosciuto per essere stato il più significativo esponente del movimento del Realismo (e accreditato anche dell'invenzione del termine stesso), nato in opposizione all’Accademia, a Parigi rappresentata dal Salon. L’Arte in quanto strumento di comunicazione, per scuotere le coscienze e suscitare interesse deve essere eversiva. Individuato Courbet, allo scopo di capire le motivazioni che lo spinsero alla sedizione, Gloss deve prima di tutto inquadrarlo nel suo periodo storico, dove gli artisti sono legati all'Accademia, e per mantenerne il riconoscimento, si sottopongono a regole prestabilite: la scelta dei soggetti (spesso religiosi o politici), i cromatismi (sempre in armonia), il tratto (gentile e a imitazione dell’antico), lo stile (ripetendo canoni classici), nell’ottica generale di bellezza e catarsi aristotelica, forse tralasciando una certa aderenza alla realtà. I Pittori Accademici difendono i valori della tradizione pittorica fondata sull'imitazione dell'antico, nulla riconoscono alla spontaneità del fare artistico e si limitano a ripetere i tipici temi mitologici, letterari e storici del passato. E allora perché definire un ottocentesco come Gustave Courbet “ribelle”? Nasce a Ornans nella più cupa provincia di Besançon, da un papà appassionato d’arte, pittura e scultura, mentre la mamma è attrice. La volontà dei genitori l’avvia alla professione di avvocato; tuttavia, accorgendosi di privilegiare gli studi artistici, il giovane Gustave si accosta alla pittura del neoclassicista David. Malgrado fosse iscritto alla facoltà di diritto, una volta a Parigi trova espressione nell'attività culturale feracissima, animata da esposizioni e musei. Preferisce dunque coltivare questi interessi; da autodidatta, segue il fervore artistico di pittori come Géricault e Delacroix. Visita numerose volte il Louvre, confrontandosi con Rubens, Rembrandt, Caravaggio e Tiziano. Courbet si definisce “discendente” di Tiziano e Veronese. Gli Autoritratti occupano un posto centrale nelle opere giovanili in stile romantico, raffigurando sé stesso in vari ruoli atteggiati, quasi recitati in onore della madre. Alcuni esempi degni di nota includono “Autoritratto con cane nero” (1842-44), “Uomo disperato” (1843-45 circa), “L’Uomo Ferito” (1844–54), “Autoritratto con violoncello” (1847 dai colori terrosi alla Caravaggio, non credibile per via della imprecisa raffigurazione di mani e violoncello) e “L'uomo con la pipa” (1848–49). I viaggi di Courbet nei Paesi Bassi e in Belgio nel 1846-1847 rafforzarono la sua convinzione che gli artisti dovessero dipingere la vita che li circonda. Propone le sue opere al Salon, organizzato dal XIV al XVII con fortune alterne e giudizi non sempre inappellabili, la cui giuria mostra un indirizzo sempre più rigido rifiutando molti candidati e qualsiasi opera non conforme ai gusti accademici. Addirittura nel 1863 dà verdetti così duri da escludere quasi tremila quadri, tanto da far decidere allo stesso Imperatore Napoleone III di organizzare una libera esposizione dei dipinti esclusi, il “Salon des Refusés”. Il Salon viene in seguito riformato per consentire l'ingresso in giuria di alcuni artisti già premiati con medaglia. In questo modo avviene una progressiva apertura dell'esposizione a nuove tendenze dell'arte, come l’impressionismo. Nel 1849, Courbet ottiene il suo primo successo al Salon con il dipinto “Dopo cena a Ornans”. L'opera d'arte vinse a Courbet una medaglia d'oro e fu acquistata dal governo francese. In seguito a questo riconoscimento, le opere di Courbet non furono più soggette all'approvazione della giuria per l'esposizione al Salon, privilegio di cui godette fino al 1857 quando le regole cambiarono un’altra volta. La tela più rappresentativa di Courbet in quel periodo è “L'atelier del pittore” (1853-1855), che ha l’obiettivo di rendere noti i principi ispiratori della sua arte, in parallelo alle scelte politiche e morali. Una serie di allegorie sinestetiche conosciute non solo a Charles Baudelaire, ritratto nel quadro, ma anche al Courbet: alla sinistra del quadro, evidenziata in azzurro, pone il popolo, la povertà, gli sfruttati, dove una donna accovacciata scatta allatta neonato nella sporcizia, un prete, un bracconiere gioca col cane da caccia: persone che vivono di morte. Soggetti che, secondo Courbet, conducono vite banali e insulse, lo si capisce dalle vesti dimessi, dai gesti, dai capi abbassati, dalle posture umili. Secondo Baudelaire (e Courbet), solo gli artisti sanno decifrare il significato delle analogie che ci permettono di passare dal mondo delle percezioni a quello delle idee. Siamo nell’era delle “Correspondences” baudelairiane. Chiamate anche “sinestesie”, le Corrispondenze si riferiscono alle relazioni tra il mondo materiale e il mondo spirituale che solo gli artisti sono in grado di tradurre per il popolino. (...) L'homme y passe à travers des forêts de symboles / Qui l'observent avec des regards familiers. / (L'uomo attraversa foreste di simboli / che lo osservano con occhi familiari. /) II est des parfums frais comme des chairs d'enfants, / Doux comme les hautbois, verts comme les prairies, / - Et d'autres, corrompus, riches et triomphants, / (Ci sono profumi freschi come la carne dei bambini, / dolci come gli oboi, verdi come i prati, / - e altri, corrotti, ricchi e trionfanti,) / Ayant l'expansion des choses infinies, / Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens, / Qui chantent les transports de l'esprit et des sens. // (che hanno l'espansione di infinite cose, / come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso, / che cantano i trasporti della mente e dei sensi. //) Nell’opera di Courbet, l’area più misteriosa è posta sulla destra, nel riquadro fuxia: rappresenta le persone colte che amano l’arte e l'amore libero, in abiti eleganti e portamento eretto. Con gli animali giocano, perché sono da compagnia e non da caccia. Per Courbet costoro simboleggiano “gli eletti”, tra cui appunto Charles Baudelaire col libro, che ha conosciuto durante il proprio Grand Tour, e il mecenate Proudhon. Nota di colore: il poeta non accetta di essere ritratto così molle e poco volitivo. Al centro, il pittore, l’artista con la sua modella, un bambino povero ma senza filtri, perché osserva l’arte e ammira la perizia dell’artista nei dettagli. Memore della lezione del Positivismo di Auguste Comte, Courbet pone il pittore nella sua funzione sociale, all'insegna della scienza (e dell’Arte) cui tutto è permesso. Lo stesso titolo comprende la dicitura “allegoria reale che determina una fase di sette anni della mia vita artistica e morale”; tuttavia, l’enorme quadro (circa quattro metri per sei) è rifiutato dal giurì del Salon per via delle sue dimensioni giudicate eccessive. Oltraggiato da quello che percepisce come affronto, Courbet decide di organizzare una propria mostra personale, accanto dell'esibizione del Salon. A proprie spese fa erigere il “Padiglione del Realismo”, esponendo questo e altri quaranta dipinti corredati da un breve scritto programmatico, nel quale dichiara che “la qualifica di realista gli è stata imposta, come agli uomini del 1830 era stata imposta la qualifica di romantici.” In questo modo Courbet si pone a capo del nuovo indirizzo realista, e batte il numero di opere di Ingres e Delacroix ammesse al Salon. Lo studio delle opere di Gustave Courbet può aiutare meglio Gloss a comprendere il suo ribellismo. Tra il 1849 e il ’52 al Salon presenta opere di denuncia sociale come “Gli spaccapietre” distrutto sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che, assieme alla “Filatrice Addormentata”, testimonia il lavoro durissimo della gente umile. La poetica romantica sta nel sottrarsi al consueto soggetto d'arte, immedesimandosi nella vita comune. Il dipinto “Gli spaccapietre” è molto apprezzato dal filosofo francese Proudhon, che lo vede come un'icona della vita contadina e un simbolo del lavoratore. Ispirato da una scena a cui Courbet ha assistito sul ciglio della strada, in seguito ha raccontato come è nato il dipinto: “Non capita spesso di incontrare un'espressione così completa di povertà e così, giusto lì per lì mi è venuta l'idea per un dipinto. Ho detto loro di venire nel mio studio la mattina dopo.” “Gli spaccapietre” è ora considerato una delle opere più significative di Courbet ed è riconosciuto come uno dei primi esempi del movimento del Realismo. Nel suo quadro successivo “L’Atelier del Pittore” Courbet annovera, come evidenziato, Proudhon tra “gli eletti” assieme al Baudelaire. “Donna con l’Onda” Tra il 1864 e il ’68 Courbet inaugura una serie di quadri rappresentanti Veneri nude abbinate a volte all’acqua, binomio vincente. Volendo sottrarsi ai diktat accademici, anzi, testimoniare con la sua pittura dirompente l’avvento di una nuova corrente che vada nono solo contro, ma al di là degli accademisti, ecco che dipinge Venere nell’acqua con le ascelle pelose ben in vista, in aderenza al proprio Realismo. Sempre con l’intento di scioccare grazie al Realismo, nel 1856 Courbet dipinge “Le ragazze sulla riva della Senna”, che in realtà sono prostitute in attesa di clienti. Lo si desume non solo dallo sguardo languido e lascivo, ma anche dalle acconciature e dai gingilli di poco prezzo di cui si adornano. Ma sono ancora abbigliate. “Il Sonno” Dipinto di genere erotico è stata prodotto nel 1866 e raffigura una scena di lesbismo di genere settecentesco, ispirato ai quadri di alcova del Fragonet. Courbet esegue una ricerca estetica sulla carnagione corpi belli, insiste sul dettaglio e sulla pennellata. Si ispira alla “Olympia” di Manet. Courbet gioca con i contrasti di colore tra pelle e capelli delle due licenziose, riprendendo i temi letterari e da boudoir dell’amore lesbico. Rappresenta due tipi di bellezze reali in una scena a grandezza naturale. Deriva un forte shock negli ambienti accademici. Questo quadro è contemporaneo e parallelo ad un altro celebre dipinto erotico di Courbet, “L'origine del mondo". Commissionata nel 1866 da un diplomatico turco egiziano, l'opera è venduta infine, dopo alcuni passaggi di proprietà, per 1.5 milioni di franchi allo psicoanalista Jacques Lacan. “L'origine del mondo” entra a far parte delle collezioni del Museo d'Orsay, dove è tuttora esposta, solo nel 1995: sino ad allora, “rappresenta[va] il paradosso di un'opera famosa ma poco vista.” Quest’opera non ha bisogno di chiarimenti iconografici. Il dipinto realizzato nel 1866 raffigura il dettaglio di una donna quasi completamente nuda, abbandonata forse su un letto, con le gambe lascivamente allargate nel mostrare la vera protagonista della tela: l’origine di tutti noi. Mancano altre parti del corpo tra cui il viso. Estremamente provocatorio anche oggi, è in grado di far rizzare persino l’algoritmo di certi Social. Eppure non è pornografico, è soltanto realistico. A oggi non si ha certezza riguardo all'identità della modella, ma è irrilevante. La vera domanda che sembra porre ancora oggi Courbet è “Fino a che punto è lecito osservare un nudo integrale?” In “Autoritratto con cane nero” Courbet dipinge provocatoriamente l’Artista quasi come uno sprovveduto di campagna. Tematiche simboliche proprie del Courbet sono l’attaccamento ai cani da compagnia, la pipa, il bastone, gli scritti elogiativi, l’arte propria. La pipa diventa una sorta di prolungamento dell'individuo ed è espressione multisensoriale. Spesso Courbet rappresenta nei suoi quadri grandi alberi. Courbet apre la strada al Realismo, rimane tuttavia ai margini dell’arte ufficiale, perché l’Accademia e i benpensanti a lui contemporanei, avvezzi ai candidi, lisci e puri corpi delle ninfe accademiche alla Ingres, per intenderci, restano scioccati dalla voluttà dell’artista ribelle. Nella successiva fase paesaggistica Courbet si fa inventore della tecnica a spatola che rende la matericità dell'acqua. Trattasi di un'ulteriore provocazione shock per l'Accademia. Oltre alle sue attività artistiche, Courbet è coinvolto nella politica francese come socialista. Viene imprigionato per sei mesi nel 1871 a causa del suo coinvolgimento con la Comune di Parigi e vive in esilio in Svizzera dal 1873 fino alla sua morte quattro anni dopo. In prigionia realizza a memoria la maggior parte delle vedute paesaggistiche della sua vita d’artista ribelle, come a volersi rappresentare la realtà all’esterno del carcere. Un’altra ribellione, insomma. Courbet sembra dirci che l’Arte è anche memoria. (seguente)
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