GenAI nel mondo e a Torino

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Impegnato a districare i meccanismi complessi della narrazione cinematografica, Schrader mette in luce un'entusiasmante quanto intricata relazione tra intelligenza artificiale e creatività artistica. Con lui, Gloss ha visto in prima persona la paura esistenziale che si è impadronita delle menti di registi e sceneggiatori, improvvisamente messi di fronte a strumenti di intelligenza artificiale generativa in rapido sviluppo. Dopo aver "ingurgitato" surrettiziamente tutto il loro lavoro, rinchiudendolo in modelli proprietari e cercando di rivenderlo a coloro che staccano gli assegni per i loro sforzi creativi, non c'è da meravigliarsi che l'intelligenza artificiale sia vista con sospetto e aperta ostilità.

 

Questa tecnologia è da considerare come un nemico da boicottare, oppure come un ulteriore strumento nell’arsenale creativo? Un esempio calzante di quest'ultima possibilità è il regista Chris Boyle dello studio londinese Private Island. Nel suo corto satirico "Meme, Myself and A.I.", Boyle utilizza gli strumenti dell'I.A. in modo concettuale, prendendosi gioco sia dell'I.A. stessa che dell’uso superficiale che alcuni creativi ne fanno.

 

Boyle dimostra l'abisso che ancora esiste tra l'uso di questi strumenti per una vera creatività originale e la creatività stessa. Il film, che chiude l'antologia in tre parti dello studio incentrata su "come interagiamo con l'intelligenza artificiale e come essa interagisce con noi", è stato realizzato attraverso un flusso di lavoro che comprendeva live action, animazione e apprendimento automatico ed è risultato una vera e propria dissezione a tecnica mista della condizione umana. A coloro che desiderassero più dettagli pratici degli applicativi utilizzati, lo chieda nei commenti.  

Gloss li fornirà in apposito post a parte.

 

Pare che la cosa più difficile del processo di sceneggiatura sia stata adattare i dialoghi (di cui circa il 70% è sintetico) alle performances degli attori, conferendo un ulteriore inquietudine al climax del film.  

“Meme, Myself and A.I.” è infarcito di riferimenti culturali, battute e paure, estratti da Internet, dal marciume cerebrale alla danza macabra (che sia nella versione di Walt Disney nel 1929 o in quella degli anni Ottanta, sempre di scheletri si tratta), che forse passano inosservati alla maggior parte degli spettatori. Se l’essere umano è ciò che mangia, anche culturalmente parlando, allora in “Meme, Myself and A.I.”, dato che i LLM (Large Linguistic Model, ovvero Modello Linguistico di Larghe Dimensioni) durante il loro addestramento non necessariamente viene data priorità alle fonti, quindi si trova un po' di ponderata retorica filosofica accanto a meme sudaticci.

 

Boyle ha cercato di creare personaggi dalla testa avvolta da enormi quantità di dati (i famigerati Big Data?) e da qui ci rivolge la domanda: come dare un senso all'esperienza umana? Nel XX secolo la domanda era cosa distingue un animale dall’uomo. Nel XXI secolo invece la domanda è cosa distingue una macchina intelligente dall’uomo?

 

L’attesa. La ricerca. Due fattori che però ancora non distinguono l’uomo dalla macchina intelligente. E allora cosa li tiene separati? La morale rivolta a sé, l’etica indirizzata alla società? L’essere eterno qui, oggi?  

L’essere empatici con la tecnologia o grazie alla tecnologia? Sono dinamiche del futuro, ma già immortali nel nostro quotidiano. Se l'arte, la bellezza, la cultura sono mezzi di compartecipazione del dolore e della gioia, allora la tecnologia deve diventare empatica. La prospettiva di Piero Della Francesca è scienza, matematica, prima ancora degli scienziati. L'arte prima della scienza. Entrambe guardano avanti. L’uomo è l'ego, la bandiera del mondo, lo specchio dell'infinito. Ma l’ego è perfettibile, ammesso ci interessi la perfezione. L’ego è macchina, l’uomo no. Allora perché la AI non opprima l’umanità, dobbiamo rendere la macchina intelligente imperfetta, insegnandole la bellezza dell’errore. Esemplificativo un video di SAINt JHN - Body On Me - YouTube (pubblicato il 15 novembre 2024) e che aveva già realizzato 411.082 visualizzazioni al 29 gennaio 2025.  

Una signora che sembra appartenere alla Gen Millennial apre una super scatola dov’è stato stoccato un robot umanoide, dalle sembianze di SAINt JHN. Il testo è puramente erotico e perfino sessuale, ma il video rappresenta le nostre paure nei confronti della GenAI, specie se dai tratti umani.  

Nella super scatola, la signora trova istruzioni relativamente semplici e alla portata di chiunque possa introdurre una sorta di cristallo liscio e trasparente in quello che appare sul petto di SAINt JHN come uno sportello per il suo cuore di plastica. Nell'introdurlo, la signora attiva una luce interna all’androide, azzurra. Chiude lo sportello. Per settarlo, le è sufficiente far aderire la propria mano a quella del robot. “Synchronize your Device”, è questo forse l’unico momento del video in cui avviene il contatto anticipato dal titolo della canzone. Da quell’istante il robot esegue tutte le operazioni di servizio previste dall’umanoide di Musk, dal pulire i pavimenti a lavare i piatti.  

Sembrerebbe disposto anche a contatti più ravvicinati con la signora, che però si ritrae, fino a chiuderlo in soffitta. Qui il robot domestico trova un libro (cartaceo) sulla storia dell’umanità e la scoperta del fuoco, mentre la signora cena con un amico “alieno” (lei è di etnia afroamericana e l’amico è orientale). Attraverso una gestualità minimale e alcuni simbolismi di natura cromatica (il cuore che da lampeggiante azzurro diventa rosso ogni volta che vede la signora: è il colore della passione), lo spettatore intuisce che l’androide è innamorato.  

Imitando le istruzioni riportate sul libro, egli (esso?), insomma, l’umanoide riesce ad accendere una torcia con l’obiettivo di dare fuoco a chi l’ha acceso. La signora lo blocca in tempo per trasportarlo e abbandonarlo in luogo remoto. Però conserva appeso allo specchietto della propria auto il cuore trasparente. Il testo della canzone riporta più volte le parole paura/spavento e rabbia. Il regista di Body On Me, Alex Gargot, visualizza i nostri timori nei confronti della GenAI, specie se in forma umanoide. Proprio come se ne è parlato il 23 di gennaio presso le OGR Tech a Torino.  

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